
Vittoria per lo Studio SLT: la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo riconosce la legittimità del cash pooling e della deducibilità degli interessi infragruppo su un finanziamento da 9 milioni
17 Gennaio 2025
Successo per SLT: la Corte accoglie i ricorsi e annulla accertamenti per 380.000€
14 Marzo 2025Con grande soddisfazione, pubblichiamo l’esito di un intenso lavoro portato avanti dall’Avv. Marco Di Rito e dall’Avv. Roberta Di Pietro: si tratta di un’ordinanza e di un decreto emessi dal Tribunale di Pescara in funzione di Giudice del Lavoro, l’una in sede cautelare, l’altro in occasione del successivo reclamo proposto dalla parte soccombente, ed avente ad oggetto l’inibizione per un ex dipendente di una società assistita dallo Studio dal proseguire ogni attività in concorrenza con il precedente datore di lavoro in forza del patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c.
Nello specifico, l’art. 2125 c.c. disciplina il patto di non concorrenza nel rapporto di lavoro subordinato.
Secondo quanto previsto dal dettato codicistico, il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.
Pertanto, la prima verifica da svolgere, a fronte della domanda di inibitoria proposta dalla ricorrente, aveva ad oggetto proprio la validità del patto di non concorrenza sottoscritto tra le parti, contestata dal lavoratore il quale ne lamentava la nullità con specifico riferimento al corrispettivo ivi previsto dalle parti.
Secondo l’ordinanza di accoglimento del giudice di Pescara, il patto di non concorrenza era certamente valido, non sussistendo nessuno dei profili di invalidità lamentati dall’ex dipendente. Il patto era stato correttamente circoscritto ad un’area geografica ben precisa (individuata nelle regioni di Abruzzo, Molise e Marche) e definito per un lasso temporale pari a due anni, a fronte di un corrispettivo – pari a € 4.000,00 complessivi – che non è stato considerato né iniquo né irrisorio, tenuto conto del limitato sacrificio imposto al dipendente.
Il Giudice ha accertato come la specifica pattuizione sottoscritta tra datore di lavoro e dipendente non impediva al convenuto lo svolgimento di attività compatibili con la propria professionalità tenuto conto, altresì, della circoscritta limitazione territoriale dell’operatività del vincolo. Il lavoratore poteva, pertanto, correttamente spendere la propria professionalità in attività diverse da quelle svolte dal precedente datore di lavoro – oggetto di divieto in forza del patto – ovvero svolgere la medesima attività di addetto alle vendite per la fornitura di luce e gas in località non ricomprese nell’ambito territoriale specificamente individuato.
Dello stesso tenore anche il giudice del reclamo che ha confermato le statuizioni formulate del giudice della prima fase cautelare, ribadendo la validità del patto di non concorrenza sottoscritto tra le parti.
Il giudice del reclamo, in composizione collegiale, sottolineava ulteriormente come il divieto di cui al patto fosse limitato a specifiche mansioni “addetto all’area vendite e/o responsabile commerciale”, ben potendo il dipendente essere adibito a diverse mansioni anche nel medesimo settore commerciale di riferimento.
Nuovamente, il corrispettivo di € 4.000,00 non poteva dirsi né iniquo né irrisorio, quanto piuttosto era certamente congruo.
Difatti, la congruità del corrispettivo deve essere valutata non solo facendo riferimento all’ammontare del corrispettivo ivi previsto, ma altresì considerando quali sono le concrete possibilità per il dipendente di sfruttare la propria professionalità.
Nel caso concreto i giudici hanno accertato come all’ex dipendente non fosse in alcun modo preclusa la concreta esplicazione della propria professionalità né risultava compromessa la sua capacità reddituale.
Difatti, la professionalità del dipendente non va identificata nel tipo di prodotti commercializzati dal precedente datore di lavoro, potendo egli utilizzare le conoscenze acquisite in altri settori non in competizione con l’ex datore di lavoro.
All’effetto delle considerazioni svolte nel corso dei due giudizi, non poteva che accertarsi e dichiararsi la validità del patto di non concorrenza sottoscritto tra la società difesa dallo Studio e l’ex dipendente, sussistendo tutti i requisiti richiesti dalla disposizione di cui all’art. 2125 c.c. nonché rispetto a tutti i canoni stabiliti dalla costante giurisprudenza di legittimità.
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