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12 Febbraio 2021Riconoscimento Il Sole 24 Ore
16 Aprile 2021A cura dell’Avv. Alessio Pizzi
La sospensione forzosa delle attività di ristorazione, disposta dalla normativa emergenziale legata al rischio epidemiologico da Covid-19, ha indotto tali imprese commerciali a diversificare il proprio core business, intensificando il servizio di cd. delivery, ovvero di consegna a domicilio in favore del cliente finale.
Il considerevole incremento di tale servizio, soprattutto mediante il ricorso alle cd. piattaforme digitali, ha posto nuovamente al centro dell’attenzione, sia mediatica che giudiziale, la posizione di una particolare categoria di lavoratori che svolgono una funzione indispensabile per l’espletamento del servizio in questione: i cd. riders (o ciclofattorini), ai cui viene concretamente affidata la singola attività di consegna dei beni in ambito urbano, mediante l’uso di biciclette o ciclomotori.
La realtà economico-produttiva caratteristica della cd. gig economy, basata su rapporti lavorativi occasionali e temporanei (a discapito di prestazioni stabili e continuative), già da qualche anno ha stimolato, nel dibattito giuslavoristico, un’ampia riflessione sull’impatto che le trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie può avere sulle forme di tutela che l’ordinamento è in grado di garantire alle categorie dei lavoratori interessati.
Presupposto per la corretta individuazione delle tutele applicabili è la qualificazione giuridica dei rapporti lavorativi in questione.
Premessa – come noto – l’irrilevanza della tipologia contrattuale adottata per l’instaurazione del rapporto lavorativo (solitamente, nel caso di specie, si fa ricorso a contratti di prestazione d’opera o di collaborazione coordinata e continuativa) nonché dell’eventuale qualificazione giuridica (in termini di autonomia) da parte delle stesse parti contrattuali, l’attenzione della dottrina, prima, e della giurisprudenza, poi, si è rivolta all’analisi delle concrete modalità di esecuzione della prestazione da parte dei lavoratori per tentare di ricondurla nell’alveo dei tradizionali concetti dicotomici di lavoro autonomo ovvero di lavoro subordinato.
Orbene, è stata innanzitutto presa in considerazione la peculiarità dell’aspetto genetico del rapporto lavorativo, in cui è rimessa allo stesso lavoratore la libera valutazione del momento in cui mettere a disposizione la propria prestazione in favore della committente, offrendo la propria disponibilità sulla piattaforma digitale, previo collegamento mediante applicativo software installato sul proprio smartphone, oltre alla possibilità per il lavoratore di rifiutare – senza fornire giustificazioni di sorta – eventuali richieste di prestazioni (i.e. consegne) che dovessero pervenirgli mediante il medesimo applicativo.
Ed è proprio sulla base di tale discrezionalità del momento costitutivo del rapporto che la giurisprudenza pronunciatasi in materia[1] è giunta ad escludere forme di subordinazione ex art. 2094 c.c. nei rapporti in questione, qualificandoli in termini di lavoro autonomo, pur tuttavia sotto forma di lavoro etero-organizzato, ai sensi dell’art. 2, comma 1 D. Lgs. 81/2015.
Tale inquadramento sistematico non appare di poco conto.
Detta disposizione normativa estende, infatti, l’applicabilità della disciplina del rapporto di lavoro subordinato (in quanto compatibile; ndr)[2] anche “ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” … “anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.
Pertanto, nel caso dei riders, essendo rimessa al committente l’impostazione delle modalità di svolgimento della prestazione nella fase esecutiva del rapporto, attraverso le indicazioni che vengono fornite al lavoratore mediante la piattaforma digitale (luogo di ritiro della merce, mezzo da utilizzare, luogo di consegna, tempo di esecuzione ed itinerario da seguire), e tenendo in considerazione la natura continuativa e prevalentemente personale delle prestazioni sottoposte al vaglio giudiziale, le predette pronunce hanno ritenuto di estendere alle prestazioni di lavoro autonomo dei ciclofattorini tutte quelle tutele previste per i rapporti di lavoro subordinato che siano compatibili (non “ontologicamente incompatibili”; così, Cass. n. 1663/2020) con la natura autonoma dei rapporti in questione. Su tutte, il trattamento retributivo minimo previsto dal CCNL Logistica e Trasporti (ritenuto applicabile per analogia), nonché il diritto al trattamento contributivo e assicurativo, oltre a riposi, ferie, permessi, etc.: garanzie che in linea generale non sono previste per i rapporti di lavoro autonomo tout court.
È bene precisare, tuttavia, come l’applicazione delle disciplina ex art. 2, comma 1 D.Lgs. 81/2015 (con conseguente estensione delle predette tutele) non possa ritenersi genericamente applicabile a tutti i rapporti di lavoro dei cd. riders.
Come noto, difatti, nella gran parte dei casi tali rapporti hanno natura sporadica, meramente occasionale ed estemporanea, provvedendo spesso il singolo rider a intrattenere rapporti lavorativi con più di una piattaforma digitale. Essi sono privi dunque di quel carattere di continuità e stabile inserimento nell’organizzazione aziendale della committente, che costituiscono il presupposto per il riconoscimento delle tutele e delle garanzie di cui all’art. 2 sopra citato.
Al fine di colmare eventuali vuoti di tutela, si è quindi reso necessario uno specifico intervento normativo in materia (D.L. 101/2019, convertito in L. 128/2019), con cui il Legislatore ha provveduto a introdurre all’art. 47 bis e ss. del D.Lgs. 81/2015 “livelli minimi di tutela per i lavoratori impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore” e che, allo stato attuale, può ritenersi la disciplina genericamente applicabile ai rapporti di lavoro in analisi.
In particolare, si rileva come la suddetta novella legislativa, ribadita la natura autonoma dei medesimi rapporti lavorativi, imponga:
a) un trattamento retributivo minimo garantito per il lavoratore su base oraria, con divieto di retribuzione cd. a cottimo (ossia, in base al numero di consegne effettuate);
b) l’applicazione della disciplina antidiscriminatoria e di tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati, ivi compreso in riferimento al diritto di accesso alla piattaforma digitale, con divieto di esclusione dalla piattaforma medesima o di riduzione delle occasioni di lavoro derivanti dalla mancata accettazione della prestazione;
c) l’obbligo per le piattaforme committenti di offrire ai lavoratori copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché di garantire il rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008).
Ad oggi, poi, ferme restando le forme di tutela minima previste dalla normativa sopra menzionata, ulteriore (e più completa) fonte di disciplina dei rapporti in analisi deve rinvenirsi nella contrattazione collettiva, con conseguente esclusione della disciplina della cd. etero-organizzazione ex art. 2, comma 1 D.Lgs. 81/2015.[3]
Il 15 settembre 2020, l’Associazione di imprese AssoDelivery e l’Organizzazione Sindacale UGL hanno provveduto difatti alla sottoscrizione del “Contratto Collettivo Nazionale per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. Rider, di cui al Capo V-Bis “Tutela Del Lavoro Tramite Piattaforme Digitali” del D.Lgs. 81 Del 2015”, volto ad assicurare livelli di tutela economica e normativa ai rider e certezza di norme e inquadramento all’intero settore, ad integrazione delle garanzie minime previste ex lege.
Nello specifico, il predetto CCNL ribadisce espressamente che gli accordi tra piattaforme e rider devono qualificarsi come contratti di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. (prestazione d’opera) o ex art. 409, n. 3 c.p.c. (co.co.co.)[4], privi di vincoli di esclusiva, con conseguente esclusione dell’applicabilità degli istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato (ad es., compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto, etc.), provvedendo poi a disciplinare aspetti fondamentali del rapporto, quali il trattamento economico su base oraria in favore dei lavoratori (ivi inclusi maggiorazioni e/o trattamenti premiali)[5], le modalità di svolgimento della collaborazione[6] e infine l’obbligo della piattaforma committente di fornire al lavoratore i Dispositivi di Protezione Individuale ai sensi del D.Lgs. 81/2008.[7]
Tale ultima disposizione riveste particolare importanza nell’attuale condizione di emergenza epidemiologica, in cui è fatto obbligo alla stessa committente di fornire al lavoratore anche tutti quei dispositivi necessari per prevenire il rischio di contagio da SARS-COV-19 (mascherine, guanti, gel igienizzante e soluzione alcolica per le superfici), come recentemente affermato dalla stessa giurisprudenza di merito sul punto.[8]
Si tiene a precisare, tuttavia, come le previsioni del summenzionato CCNL si applichino alle sole aziende facenti parte dell’associazione sottoscrittrice e potrà essere applicato alle società che aderiranno alla medesima associazione, o alle aziende che inseriranno un riferimento al medesimo CCNL nel contratto individuale.
Per tutti i rapporti di lavoro residuali continuerà invece a trovare applicazione la tutela minimale di cui all’art. 47-bis e ss. D.Lgs. 81/2015 ovvero, qualora ne sussistano i presupposti (etero-organizzazione, collaborazione continuativa e con carattere prevalentemente personale), la tutela “estesa” prevista dall’art. 2, comma 1 del medesimo D.Lgs. 81/2015.
Preme ricordare, in ultimo, come non siano mancate pronunce giudiziali che abbiano riconosciuto la natura subordinata dei rapporti dei cd. riders (cfr. Trib. Palermo, sez. lav., 24 novembre 2020, n. 3570), con conseguente integrale applicazione del relativo sistema di tutele, soprattutto con riferimento alla disciplina dei licenziamenti.
Tali pronunce hanno destato particolare interesse soprattutto nell’opinione pubblica, ma è evidente come i principi ivi enunciati non possano essere asetticamente accolti, bensì vadano necessariamente contestualizzati nell’ambito del caso concreto sottoposto al vaglio giudiziale. In particolare, si rappresenta come, all’esito del prudente apprezzamento del Giudice del Lavoro, nei casi di specie si siano ritenuti sussistenti i cd. indici presuntivi della subordinazione (su tutti, l’esercizio del potere disciplinare datoriale) che ne hanno consentito la qualificazione giuridica nei suddetti termini.
Sulla base di quanto sopra illustrato, si può dunque concludere come gli sforzi profusi dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nonché dallo stesso Legislatore, abbiano sì condotto all’inquadramento sistematico dei rapporti lavorativi dei cd. riders nell’alveo del cd. lavoro autonomo. Tale chiarezza qualificatoria ha però natura meramente teorica, in quanto – come detto – sulla base delle concrete modalità di instaurazione e di svolgimento del rapporto lavorativo, dovrà poi individuarsi l’opportuna forma di tutela per il singolo caso concreto. Ciò, senza dimenticare il potere di riqualificazione del Giudice del Lavoro in termini di lavoro subordinato, qualora si ritengano sussistenti i summenzionati indici presuntivi della subordinazione.
[1] Si segnala, in particolare, Trib. Torino, sez. lav., 7 maggio 2018, n. 778; Corte d’App. Torino, sez. lav., 4 febbraio 2019 n. 26 e Cass. civ., sez. lav., 24 gennaio 2020, n. 1663. Tutte le predette pronunce sono intervenute sul medesimo caso concreto, a seguito del ricorso avanzato da alcuni lavoratori della piattaforma Foodora per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato nei confronti della committente.
[2] Sul punto, si segna un forte contrasto dottrinale in merito alla applicabilità integrale della disciplina del lavoro subordinato (ivi inclusa, ad esempio, la disciplina dei licenziamenti) ai rapporti etero-organizzati ex art. 2, comma 1 D.Lgs. 81/2015 ovvero sulla applicabilità delle sole disposizioni in materia che risultino ontologicamente compatibili con la natura autonoma dei rapporti in questione (ad es., trattamento retributivo, contributivo ed assicurativo).
[3] L’art. 2, comma 2, lett. a) D.Lgs. 81/2015 prevede espressamente che non possa trovare applicazione la disciplina del primo comma, qualora vi sia stata la stipulazione di accordi collettivi nazionali, da parte di associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che “prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”.
[4] Cfr. artt. 2, 3 e 7 CCNL.
[5] Cfr. artt. da 10 a 13 CCNL.
[6] Cfr. art. 7 CCNL cit..
[7] Cfr. art. 14 CCNL
[8] Cfr. Trib. Firenze, sez. lav., ordinanza 5 maggio 2020; Trib. Bologna, sez. lav., 14 aprile 2020, n. 2529; Trib. Firenze, sez. lav., 1 aprile 2020, n. 886.